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Avventure nel Mar Adriatico

La lunga notte del Generale Garibaldi

 

Nella primavera del 1999 l’Amministrazione comunale di Cesenatico ha promosso il restauro della grande lapide ormai dimenticata sulla parete est della Biblioteca civica. Gli anni e le intemperie avevano scolorito le scritte di marmo e il restauratore mentre copriva di nero con il pennello le consunte incisioni, faceva emergere dal passato d’incanto i nomi e i luoghi di provenienza di 188 dei 262 legionari che all’alba del 2 agosto 1849 salparono dal porto di Cesenatico al seguito del generale Garibaldi. Si tratta di una testimonianza storica importante per lo studio del Risorgimento. Essa ha richiesto l’elaborazione di 45 anni ed oltre al nome cognome è riportato il luogo di residenza dei più irriducibili seguaci del Generale fra i quali si contano quindici romagnoli. L’idea di immortalare i nomi degli eroici volontari al seguito di Garibaldi era venuta in mente a Girolamo Gusella nella primavera del 1893. Repubblicano convinto, maestro elementare, politico e sindaco, ebbe la felice intuizione di farsi spedire dal Ministero della Guerra la Lista Nominale degli individui appartenenti alla Banda di Garibaldi fatti prigionieri dall’ I.R. Brigantino Oreste il 2 agosto del 1849 al largo di Magnavacca, oggi porto Garibaldi.

L’IMBARCO A CESENATICO:

Garibaldi abbandonata Roma ormai indifendibile, affronta la tormentata marcia attraverso gli Appennini, raggiunge San Marino e dopo una breve sosta decide di portarsi a Cesenatico dove irrompe nella tarda serata del 1° agosto del 1849. Livraghi e Ugo Bassi rendono inoffensiva la guarnigione che presidia il paese, nel frattempo il colonnello Forbes predispone le barricate, con masserizie prese dalle case coloniche, sulle strade che conducono a Rimini e Cesena con il duplice scopo di fermare l’eventuale arrivo di truppe austriache, il tempo necessario per consentire a Garibaldi di organizzare l’imbarco. Un manipolo di garibaldini intanto intercetta e blocca il segretario comunale Cortesi che stava scrivendo un rapporto da inviare al Governatore di Cesena. Passata la mezzanotte Garibaldi ha approntato il piano d’imbarco: verranno requisiti dodici bragozzi e un tartana, per governali occorrerà una quarantina di pescatori chioggiotti e i garibaldini si spargeranno fra i vicoli oscuri del porto per dare la sveglia. Non c’è tempo da perdere e i pescatori vengono sospinti brutalmente verso le banchine. Fra le tre e le quattro di notte gli equipaggi sono formati e distribuiti sulle imbarcazioni, ma proprio a quell’ora come racconta lo stesso Garibaldi: “la fortuna aveva cessato di favorirmi in quella notte. Una burrasca innalzatasi dalla parte del mare lo aveva agitato in modo tale, che l’uscita dalla bocca del porto era diventata quasi impossibile. “

Non si potrà dunque uscire dal porto con l’aiuto della brezza ponentina, ma si dovrà guadagnare il mare a forza di braccia. Com’era usanza nei fiumi quando si doveva procedere controcorrente vogando a remi. L’equipaggio garibaldino affronta le onde che rompono nel basso fondale all’imboccatura delle palizzate e raggiunta finalmente la flotta salperanno dal porto di Cesenatico. Alcune ore più tardi le truppe austriache, al comando del generale Gorzkoski in persona, entrano a Cesenatico, appena in tempo per scorgere in lontananza le pennellate variopinte delle vele garibaldine all’orizzonte. La notte si presentò bellissima, con una luna bella e discreta che seppe illuminare il paesaggio lasciando però in ombra gli avvenimenti di quella strana notte. Navigavano sotto costa in prossimità del delta del Po quando apparve la squadra navale austriaca, composta dal brigantino Oreste, la goletta Elisabetta e da quella che viene definita Penix Sentinella. Ad avvistare i garibaldini in fuga fu per primo il brigantino al comando del capitano Scopenich, un esperto ufficiale che non perse tempo e aprì subito il fuoco. All’intimazione di arrendersi data da un colpo di cannone i marinai chioggiati sulle cui barche si trovavano i garibaldini, furono presi da spavento tale che abbandonarono la scotta e il timone., lasciando le barche in balia delle onde. Garibaldi con il suo indiscusso carisma e sangue freddo riuscì ad imporsi e impartire ordine di tornare al comando delle proprie imbarcazioni e riprende la fuga in mare aperto per sfuggire agli austriaci. Oggi sulla lapide si trovano incisi 188 nomi con uno spazio lasciato vuoto per aggiungere eventuali nomi aggiuntivi dei componenti di quella fuga miracolosa. Quel vuoto non fu mai più colmato e certamente non lo sarà mai più colmato. Secondo la stima degli storici che si imbarcarono con Garibaldi a Cesenatico in quel lontano agosto del 1849 c’erano in tutto 262 persone. Questa vicenda avvenuta in Adriatico rappresenta una delle tante imprese di Garibaldi durante la sua vita piena di avventure incredibili ed è forse paragonabile in ad una piccola Dunkirk, in quanto salvandosi il Generale e i suoi fedelissimi, come fecero i soldati inglesi nella seconda Guerra mondiale scappando dai tedeschi, riuscirono successivamente a dare un contributo per cambiare la storia e fare in modo che l’Italia fu unificata e che la Guerra mondiale finì con l’esito che tutti conosciamo

VI CONSIGLIAMO:

Oltre alla lapide e statua di Garibaldi, è bello è molto consigliata la visita del museo della Marineria in cui si possono apprezzare tantissime barche in scala reale sia nella sezione galleggiante esterna che in quella interna al museo, più tantissime curiosità relative, alla marineria, a specie di pesci ed esseri viventi che popolano il nostro mare e alle tecniche di navigazione e di pesca e la nascita del turismo balneare che ha contraddistinto la Romagna nel mondo, come metà turistica di assoluta eccellenza e riconoscibile per le sue caratteristiche che l’hanno resa celebre ed apprezzata da tutti.