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Eraldo Pecci

Piedone

Eraldo Pecci  nasce a San Giovanni in Marignano il il 12 aprile 1955, quando ancora a Cattolica l’ospedale non esisteva, ma è un cattolichino DOC cresciuto facendo le stagioni come barista nei bar a spiaggia, già da ragazzino e ancora oggi quando può, torna a Cattolica trovare vecchi amici d’infanzia e i parenti che vivono qua.

Eraldo Pecci è un giocatore di un’intelligenza superiore. Ed è anche un uomo di un’intelligenza e una simpatia superiori. Lo sa: e ogni tanto ne abusa, perché in vita sua non è quasi mai riuscito a contare fino a tre prima di parlare. Fra una battuta ben riuscita e un premio in denaro non ha mai avuto dubbi. Ma ce ne fossero come lui!
Quando lo si incontra oggi è  ancora l’adolescente che quando arrivò al Bologna dal “Superga” di Cattolica e si ritrovò nello spogliatoio con Bulgarelli capitano, divinità e padrone del mondo rossoblu disse al massaggiatore che ne stava trattando le sacre membra: “Fai piano, perché è vecchio e potrebbe rompersi”. Meno male che Giacomino quel giorno era in buona. E non solo lo perdonò, ma prese quell’incauto e talentuoso sborone romagnolo sotto le sue ali protettive.

Pecci nello stadio del Cattolica, nell'amichevole Bologna - Superga. In quel Superga, squadra di 1° categoria, giocava anche il nostro Mauri, che all'epoca aveva 27 anni

Pecci nello stadio del Cattolica, nell’amichevole Bologna – Superga. In quel Superga, squadra di 1° categoria, giocava anche il nostro Mauri, che all’epoca aveva 27 anni

Aveva un gran talento Pecci. Al Bologna lo dimostrò: al Torino lo fece esplodere, diventando il cervello di una squadra straordinaria, in grado di riportare lo scudetto sulle maglie granata 27 anni dopo la tragedia di Superga. E forse, di scudetti, quel gruppo avrebbe potuto vincerne anche un altro. Ma, lasciamo perdere…. Eraldo, quando gliene parlano, mette ancora avanti le mani: “Io con gli juventini ho sempre avuto buoni rapporti”. E parla con affetto di Zoff, di Scirea, di Cabrini, tutti compagni di Nazionale quando la rosa di Bearzot era composta per metà da bianconeri e per metà da granata. E parla anche di Tardelli con cui, pure, lo divideva un discreta rivalità sportiva. Altri dimentica di citarli: ma forse è solo un’amnesia… Pecci gioca in uno dei più forti centrocampi che il Toro abbia mai avuto. Oltre a lui in mediana ci sono anche Zaccarelli, Patrizio Sala e Claudio Sala. Quando arriva sotto la Mole i tifosi simpaticamente gli affibiano il soprannome di “Piedone”, per via della grandezza dei suoi piedi, con il quale però riesce a far sognare i tifosi e mandare spesso in gol Pulici e Graziani.
Ha giocato anche con Maradona. “Il più grande di tutti”. Abitavano nella stessa palazzina di via Scipione Capece. Una mattina incrociando Diego sul portone gli disse: “Ah, quando vuoi imparare a palleggiare anche col destro, dimmelo che ti aiuto io”. Impunito!
Dovette lasciare il Napoli sul più bello (c’era arrivato dalla Fiorentina, con cui sfiorò lo scudetto e a cui era stato venduto assieme a Ciccio Graziani per salvare l’azienda del presidente Pianelli). Tornò al suo Bologna che portò dalla B alla A. Sempre più leader: sempre amato, sempre rispettato. “Mai sudato però” gli dico ogni tanto. Ma mi guarda male, perché le battute preferisce farle lui
E’ un uomo saggio più di quanto voglia far credere: figlio di contadini che gli hanno insegnato tante cose importanti, a cominciare dall’onestà. Saggio, colto e di cuore. Adorava Gianni Mura a cui aveva chiesto di fare la prefazione al suo libro autobiografico. Il giorno della presentazione disse: “Dopo che avete letto le prime cinque pagine scritte da Gianni, il libro lo potete anche buttare via”. Battuta buona, delle sue: ma sarebbe stato un peccato buttarlo. Perché dentro c’è la vita di un uomo vero.