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Fantasmi e terrori del mare

La notte dei morti del primo novembre

Marco ci racconta storie di fantasmi e strane presenze dal mare

Marco ci racconta storie di fantasmi e strane presenze dal mare

Nella religiosità popolare delle persone o famiglie legate alla pratica della pesca come proprio sostentamento, fin dall’antichità sono presenti elementi mitici, eventi legati ai morti che tornano e si manifestano dal mare. Nel folklore delle cultura marinara è vivida la credenza del battello dei morti che compare sulla costa e questa apparizione coincide con la notte dei morti del primo di novembre.

In diverse regioni italiane affacciate sul mare come la Liguria, Marche, Abruzzo ed Emilia Romagna, i componenti delle varie marinerie non uscivano in navigazione o a pesca dai porti, durante le feste novembrine dei morti, perché timorosi di incappare in terribili tempeste o di incontrare un vascello fantasma carico di spiriti.

I racconti che circolano tra le marinerie italiane riguardo ai giorni tra la fine di ottobre e i primi di novembre sono tra i più macabri e terrificanti. Il culto dei morti era molto profondo tra i marinai, che nei primi due giorni di novembre affollavano la chiesa insieme alle donne e ai bambini. Essi temevano l’ira e la ritorsione dei defunti.

Abbondati materiali di carattere storico e che sono pervenuti fino ad oggi riguardano due regioni confinati con l’Emilia Romagna e sono il Veneto e le Marche. Dal Veneto, Antonio Niero scriveva in proposito della notte novembrina dedicata alla ricorrenza dei morti:

Cantava mio nonno distrutto dalla fatica, dalla fame e dal sonno / con le labbra spaccate, con gli occhi bruciati / ho visto duemila luci accesi. La barca uscita questa notte venne capovolto dalla tempesta suscitata dai morti. Sulle acque, subito fattesi calme, apparvero migliaia di lumini.

Giovanni Ginobili dalle Marche ci offre invece un brano datato 1957:

La sera di Ognissanti l’equipaggio della flotta peschereccia, tirava in secco sulla spiaggia le proprie barche e si chiudeva in casa. Lo specchio di mare e la spiaggia di fronte al paese rimanevano deserte e abbandonate. Chiusi dentro le loro abitazioni, in veglia, presso il focolare, i vecchi pescatori narravano ai più giovani, come allo scoccare della imminente mezzanotte, una barca senza meta andasse solcando le onde infuriate del mare in tempesta. Una barca carica di scheletri, priva di illuminazione, lenta nel procedere, al battere cadenzato e lugubre di molteplici remi, mentre da essa, con ritmo ancora più lugubre, un coro di voci miste si levava sommessamente ripetendo: << Pas…sa la bar…ca di Caron…te! Pas…sa la bar…ca di Caron…te! >>.

Era convinzione generale che chiunque la notte dei morti fosse andato in mare per la pesca, avrebbe pescato solamente teschi ed ossa di naufraghi.

La gente di mare condivideva con le popolazioni rurali dell’entroterra la credenza dei morti nelle date dei “capodanni”, come previsto da tutte le tradizioni europee (Halloween) , aveva altresì un sacro timore riguardo alle manifestazioni degli spiriti di coloro che erano morti in mare, vittime di naufragi o battaglie. Questa credenza nel corso dei secoli fece sviluppare nell’immaginario dei marinai, un profondo timore e anche molti abitanti delle località vicine alla spiaggia temevano l’arrivo di fantasmi dal mare. Questa paura in parte mitizzata e aumentata dalle superstizioni, aveva però un fondo di verità infatti durante le diverse battaglie navali avvenute nel corso della storia, spesso capitava che i corpi dei caduti giungessero sulla riva della spiaggia, creando panico e paura negli abitanti di queste località costiere. La stessa cosa poteva capitare in caso di naufragi e affondamenti in alto mare di interi equipaggi a causa del maltempo.

Si raccontava di navi che in balia della tempesta, con vele lacere e con gli alberi spezzati, venissero aggrediti da un moltiplicarsi continuo di fantasmi, che circondavano i marinai, li afferravano con le ossa gelide delle mani, trascinandoli sul ponte della barca, fra le onde altissime, in mezzo alle saette e alle tremende raffiche di vento, mentre questi esseri spaventosi danzano insieme nella loro danza macabra degli spiriti.

Fantasmi a Cattolica

Fantasmi a Cattolica

L’etnologo, lessicografo e giornalista, Gianni Quondamatteo nel suo libro “E’ viaz” raccoglie le testimonianze orali di vari testimoni, tra quello di Rina Morosini di Cattolica. Nel racconto la signora Rina, racconta la vicenda accaduta al nonno Zeffrino, esperto marinaio in pensione, che affida la propria barca al capitano Lisèn. Una sera dopo aver visto partire la barca e l’equipaggio capitanato da Lisèn, Zeffrino torna a casa. Poco tempo dopo in mare scoppia una burrasca tremenda, con un gran vento, tuoni e lampi. Nel pieno della notte quando ormai Zeffrino dormiva profondamente, sente battere alla porta, credendo inizialmente che fosse il vento, poi sentendo che questo bussare continuo persiste, si alza e va ad aprire la porta. Appena aperta quest’ultima una voce lo raggiunge dicendogli: << Sono Lisèn, ci siamo perduti! Mi troverai sotto i sassi del Monte! >>. Incredulo Zaffrino torna a dormire e la mattina dopo all’alba svegliato dal pensiero di quella strana voce si dirige sotto monte a Gabicce e fa la macabra scoperta che il corpo senza vita di Lisèn si trova proprio li.