Federico Fellini
Il visionario è l’unico realista
Figlio di Urbano, uomo svagato e permissivo, e della romana Ida Barbiani, molto severa e generosa con gli scappellotti ai figli (Federico, Riccardo e Maddalena), Fellini da bambino era tendenzialmente un solitario e riflessivo, pur non disdegnando la compagnia dei coetanei. Passava le ore a scarabocchiare sui fogli con le matite colorate. Federico al liceo Monti di Cesena diventò famoso peri suoi i disegni caricaturali facendo ridere anche gli insegnanti. Attentissimo a chi gli stava intorno, spesso ne imitava i gesti. Gli amici ridevano e lo incoraggiavano
Si iscriverà poi a Giurisprudenza, dando solo un paio di esami. Non prefigurava per se stesso un futuro da regista, anzi era più certo di voler fare il burattinaio. Con un pizzico di profezia, però, aveva battezzato gli angoli della sua camera con i nomi delle quattro sale cinematografiche di Rimini: Fulgor, Savoia, Sultano e Opera Nazionale Dopolavoro. Considerato un illustratore, a diciassette anni con l’amico Demos Bonini creò una sorta di bottega con l’insegna FEBO (dalle iniziali di Fellini e del socio). Fu una grande attrazione per i locali ma soprattutto per i villeggianti che desideravano portare a casa un suo ritratto.
Dopo i diciotto anni, Federico era impaziente e cercava occasioni professionali, obbedendo al bisogno di scrivere e disegnare. La prima testa che gli pubblicò qualcosa fu La Domenica del Corriere, nella rubrica <<Cartoline da pubblico>>. Era il 6 febbraio del 1938 quando apparve una sua vignetta raffigurante un domatore di circo che parla con la moglie acrobata.
Il 4 gennaio del 1939 si trasferisce a Roma e questo avvenimento Fellini, lo descriverà in una sequenza del film Roma. Inebriato dalla grande bolgia romana e da una seducente vita da bohèmien, Federico cominciò a cercare la strada giusta e più rapida per diventare giornalista. Era magrissimo e certi giorni saltava il pasto. Nei momenti più neri andava in un ristorante di via Milano dove il proprietario gli faceva credito. Un giorno prese coraggio e bussò alla porta del Marc’Aurelio il giornale satirico che era sempre stato il suo sogno durante l’adolescenza riminese. Iniziò così una collaborazione che gli permise di partecipare alle riunioni di redazione, il mercoledì e il venerdì dalle cinque del pomeriggio a mezzanotte.
In concomitanza con lo scoppio della guerra, all’EIAR ( l’odierna Rai) il popolare conduttore radiofonico, Nunzio Filogamo, decise di cambiare gradualmente i vecchi commediografi e inventò il programma Caleidoscopio, chiamando a collaborare anche Fellini. Filogamo ricorderà: << Fellini era estroso, sempre allegro, vivace, uno che si affiatava con gli altri>>. Fellini era un autore estremamente prolifico, capace di sfornare testi uno dopo l’altro, riducendosi magari all’ultimo, ossia la notte della domenica, a sistemarli e corredarli di un finale.
L’ingresso di Fellini nel mondo cinematografico, si deve essenzialmente alla collaborazione, iniziata nel ’45, con Roberto Rossellini. Il regista romano fu premiato al festival di Cannes nel 1945 con Roma città aperta e nel 1949 con Paisà e con quest’ultimo film ottenne la nomination all’Oscar per il soggetto e la sceneggiatura.
Federico imparerà da Rossellini, soprattutto la pacatezza dietro la macchina da presa e l’ostinazione a non farsi influenzare dal carisma individuale degli attori ai quali impartiva ordini.
Gli anni del dopoguerra videro l’inarrestabile ascesa di Fellini, così divertito dalla coloratissima fauna del cinema. Il percorso professionale di Fellini, dagli anni Cinquanta in poi, sarà costellato di un successo dietro l’altro, con pur sempre in agguato le incomprensioni, le critiche, la censura e l’altalenante reazione del pubblico. Fino ad arrivare alla posizione del Maestro “intoccabile”: tutto da interpretare mai da demolire. Insomma un mostro sacro del cinema mondiale.
In marchio artistico di Fellini, riassumibile nella descrizione attraverso blocchi episodici apparentemente staccati, cominciò a farsi netto con il film I vitelloni, iniziato nel 1952 e presentato alla Mostra di Venezia l’anno successivo, dove pubblico e critica furono unanimi nell’applauso. Il film raccontava la vita sregolata di giovani e meno giovani che sognano di partire ma non si decidono mai a farlo.
Il successo fu internazionale, dall’Argentina alla Francia, da Londra a New York.
Altro capolavoro: La strada, pensato nel 1952. La camera da presa focalizza i mondo degli zingari e del circo. Il film è uno scavo nell’animo umano. La strada avrà il primo Oscar come miglior film straniero.
Con Le notti di Cabieria, otterà il secondo Orscar consecutivo come miglior film straniero.
Nel 1960, Fellini al massimo della sua forza espressiva e rivoluzionaria, realizza La dolce vita. Il film è il trionfo della notte vissuta in via Veneto a Roma. Lasciati alle spalle i mostri, i lestofanti, i clown, i perditempo equivoci, Fellini entra nel mondo della << Roma bene >> con personaggi il cui profilo risulta confuso tra gli splendori, degli interni, i lampi al magnesio. Da questo film i poi, Marcello Mastroianni diverrà il suo alter ego cinematografico. A Cannes il film ottenne la Palma d’oro.
Il 3 febbraio del 1960, La dolce vita ha venti secondi di applausi al cinema Fiamma di Roma.
Fellini è all’apice del successo, è il re del cinema. In occasione della Festa della Repubblica viene nominato Grande Ufficiale.
Il regista romagnolo che vinse ben cinque Oscar, scrisse: <<Fare un film è come fare un viaggio, ma del viaggio mi interessa la partenza, non l’arrivo. Il mio sogno è fare un viaggio senza sapere dove andare, magari senza arrivare a nessun posto>>. Le parole “viaggio e “sogno” sono essenziali per capire la sua intera opera. Si considerava appartenente al mondo dei nomadi, affascinato dal circo con i suoi clown, alla schiera dei “viaggianti” in contrapposizione ai “fermi”. Uno del circo Orfei, ogni volta che lo incontrava, gli diceva: << Federico, ricordati, che per te qui c’è sempre una roulette per te>>.
Quest’anno ricorre il centenario della nascita del regista e a Rimini è stata allestita una mostra all’interno di Castel Sigismondo attraverso la quale si potrà riscoprire tantissimo materiale inedito, che ci farà percepire la visione e la personalità dell’immaginario felliniano. Fotogrammi, memorie, disegni, costumi di scena sono solo alcune delle curiosità che si potranno apprezzare alla mostra.
La mostra sarà ospitata il prossimo 20 aprile a Roma a Palazzo Venezia, per poi varcare i confini nazionali con esposizioni a Los Angeles, Mosca e Berlino.