Francesco Baracca
Il cavallino rampante
Se lo vedessimo oggi sfrecciare nei cieli, lo definiremmo il <<top gun>> italiano. Francesco Baracca attirò su di sé l’attenzione dei giornali con le sue spericolate imprese aviatorie durante la Prima Guerra Mondiale. Esultavano papà, mamma e gli amici quando compariva la sua foto sul Resto del Carlino, il quotidiano più venduto in Emilia Romagna, in cui la sua fama esplose.
I titoli era altisonanti: <<l’asso dei cieli>>, << il romagnolo volante>>, eccetera.
Francesco era nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888, quando Umberto primo di Savoia era al vertice di un paese unito solo da ventisette anni.
Baracca, figlio del conte Enrico, prima del cavallino s’innamorò dei cavalli, quelli veri. Ma la sua passione più grande sin da bambino era correre a vedere da vicino i militari, per osservare i loro gesti e ascoltare gli ordini secchi ai quali erano impartiti.
I genitori lo spinsero a studiare musica. Lui apprezzava e aveva orecchio, tuttavia la ben più forte emozione la percepì quando ottomila soldati di fanteria, genio, artiglieria e cavalleria percorsero i viali di Firenze in onore di re Vittorio Emanuele. Da quel giorno, Baracca manifestò la volontà di diventare militare di carriera. Il conte Enrico non si rassegnava all’idea di avere un figlio musicista, poi però cominciò ad apprezzare la scelta del figlio, anzi addirittura si entusiasmò di fronte alle prodezze di Francesco, passato dalla cavalleria all’aviazione. Leggere, con così tanta frequenza, il nome del figlio sui giornali e sapere che era noto anche fuori dai confini italiani lo riempiva d’orgoglio.
Baracca divenne allievo della scuola militare di Modena. Uscì dalla severa scuola modenese con il grado di sottotenente e fu assegnato al reggimento che tutti sognavano, il Piemonte Reale. Le porte dei salotti più chic gli si aprirono. Baracca, alto e giovane, prestante nel suo fisico statuario, un poco snob, due baffetti a ravvivare un’espressione facciale leggermente rigida, era molto corteggiato dalle donne. Era destinato in poco tempo a diventare una leggenda.
Il 29 settembre 1911 Giolitti dichiarò guerra all’impero di Maometto V e invase la Libia. Per la prima volta fu impiegato un aereo in missioni belliche.
Accettata la domanda il 24 aprile del 1912 per poter far parte degli aviatori, Baracca fu trasferito in pochi giorni in Francia, dove conseguì il brevetto di volo.
<< Sono arrivato all’aviazione per modo di dire, senza nemmeno saperlo e senza neppure farmi raccomandare, ed ora mi accorgo di avere avuto una meravigliosa idea, perché l’aviazione ha progredito e avrà un avvenire strepitoso>>.
Audacissimo e talvolta spericolato divenne aviatore negli anni successivi, ma con un istinto e una perizia acrobatica immediatamente compresi ed elogiati dalla stampa, prima in in Italia e poi nel resto del mondo.
L’incubo della Grande Guerra si stagliava in un orizzonte molto ravvicinato e il conflitto scoppiò davvero, dopo l’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria. Il 24 maggio l’Italia decise di entrare in guerra.
Il primo duello nei cieli avvenne il 6 settembre 1915. L’improvvisazione era l’elemento importante: si doveva manovrare con i piedi e azionare l’arma con le mani. Baracca al riguardo disse:
<<Guidare un apparecchio e sparare è una cosa molto acrobatica e la concentrazione mi fa passare la paura del nemico>>.
Baracca cercava gli aerei nemici, ferri con elica da buttar giù a mitragliate, dopo sfibranti sfide cavalleresche.
Baracca con il suo aereo Nieuport aveva raggiunto i cinquemila metri, abbassò bruscamente la quota e duellò con un Aviatik nemico, arrivando a cinquanta metri dalla sua coda. Lo vide bellissimo e grande.
<< Ho puntato e sono partiti quarantacinque colpi. E’ stato un attimo e il nemico si è piegato pesantemente ed è precipitato a picco e io dietro giù, urlante di gioia>> disse Baracca in un’intervista dell’epoca.
Una volta atteratto il <<top gun>> tricolore venne portato in trionfo. Tutti gli gridavano << Viva l’Italia>>.
Il suo reggimento, il Piemonte Reale, lo festeggiò con un pranzo e la consegna di una medaglia. Fu il primo di tanti combattimenti aerei che gli valsero una medaglia di bronzo, tre d’argento e la più importante di tutte: la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.
Sulla fiancata di tutti gli aerei che lanciava nel combattimento, Baracca aveva impresso la figura di un cavallino rampante ritratto nel momento in cui pare spicchi il balzo verso l’alto.
Quella figura tenera e aggressiva è rimasto in vita come stemma della Ferrari, su sfondo giallo, colore di Modena. Fu la madre di Francesco, la contessa Paolina Biancoli, che , dopo aver incontrato Enzo Ferrari, il fondatore dell’omonima casa automobilistica, gli disse: << Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante di mio figlio>>. Era il 1923 e Ferrari accettò. Alla base dello scudetto comparvero una S e un F, ossia Scuderia Ferrari, che si poteva anche leggere come Squadriglia Francesco.