Il faro di Casteldimezzo “un amico fedele” per tutti i marinai
Con la nebbia e con il buio il faro non lasciava mai soli i marinai o pescatori

Nella foto il faro di Cattolica/Gabicce
Il faro marittimo ha da sempre avuto un’importanza fondamentale come strumento di guida e per la sicurezza del navigante. Un tempo non esisteva la tecnologia ed il faro era l’unico punto di riferimento dei marinai per poter orientarsi nella direzione giusta che conduceva al porto. Un faro ben visibile a diverse miglia di distanza dalla costa, era quello di Casteldimezzo, proprio in cima al monte San Bartolo, poco dopo Gabicce monte. Fu purtroppo completamente distrutto dai bombardamenti aerei dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Questo faro si trovava nei pressi dell’attuale borgo di Casteldimezzo, a pochi chilometri da Cattolica ed era posizionato a metà tra la cima del monte e il mare, su di una sporgenza che si prestava alla sua edificazione. Vi si giungeva attraverso una strada tutt’ora esistente, oggi utilizzata per arrivare ad un ristorante, che per qualche anno fu posseduto in tempi recenti anche da Valentino Rossi. Oggi quella strada fa parte di un sentiero panoramico immerso nella natura e affacciato sul mare, davvero molto affascinate e di cui consiglio a tutti una visita. La torre del faro ben visibile di giorno dal mare, era dipinta di bianco e nero (stessi colori del faro di Gabicce) e adiacente ad esso vi era l’abitazione del “guardiano del faro”, che vi abitava con tutta la famiglia. Il segnalamento luminoso del faro aveva una portata di oltre venti miglia, con un’ottica girevole formata da pannelli oscuranti che proiettavano il caratteristico fascio di luce a intermittenza verso il mare. Oggi un faro di medesima costruzione è ancora presente, continuando sul monte San Bartolo all’altezza di Pesaro. L’importanza marittima svolta da questo strumento negli anni è stata possibile soprattutto ai guardiani di questi fari, che costantemente attraverso la manutenzione hanno reso sempre efficiente questo strumento importantissimo per tutti i lavoratori del mare, potevano contare su di “un amico fedele” che li guidasse in porto anche nelle notti tempestose.
SEGNALAZIONI CON LA NEBBIA
D’inverno, quando la nebbia era talmente fitta e la costa era scarsamente individuabile dal mare e di conseguenza le barche avevano difficoltà a seguire la giusta rotta, la posizione dell’imboccatura del porto veniva segnalata a voce oppure attraverso una campana portata da casa o addirittura picchiando con un bastone sui lampioni della banchina del porto. A segnalare la propria presenza con questi rudimentali segnali erano i familiari dei vari marinai o pescatori, che aspettavano il ritorno delle barche dalla banchina della darsena. Le barche a loro volta utilizzavano il corno di bue uno strumento che emetteva un forte rumore sordo e che permetteva far percepire la presenza della barca anche se era completamente sepolta nella nebbia. Capitava che oltre ai familiari, a volte fossero le persone di passaggio a guidare i marinai in porto attraverso la propria voce con frasi come: << Anducasineee!>> (dove siete!?), <<Ma la punta del ges>> (sulla punta del gesso)…
A quel tempo le scogliere non esistevano ancora e le spiagge erano molto più brevi, i marinai ricorrevano allo scandaglio per cercare di non arenarsi ed avvicinarsi il più possibile alla costa e per farsi sentire meglio, quando la visibilità con la nebbia era quasi nulla.
Le voci dei famigliari e delle persone di passaggio sul porto furono poi sostituite dal “nautofono” con la sua caratteristica sirena cadenzata, che a qualcuno conciliava il sonno mentre a qualcuno lo rovinava. Per la fortuna dei sensibili ai rumori durante la notte, fortunatamente da diversi anni la sirena del porto è stata dismessa poichà le moderne imbarcazioni sono tutte dotate di GPS e trovare la rotta in caso di nebbia è diventata un’operazione molto più semplice, anche se occorre tutt’ora fare molta attenzione.