La minaccia di pirati e corsari
Le coste romagnole furono acque pericolose e teatro di assalti da parte dei predoni del mare
La pirateria in Adriatico fu un fenomeno notevole e costante dall’antichità fin verso i primi decenni dell’Ottocento.
Per pirati si intendono coloro, che servendosi delle loro veloci e agili imbarcazioni, attaccavano altri navigli e insediamenti costieri principalmente per fare bottino di cose e persone. Con il termine corsari invece si indicano coloro che praticavano tale attività di aggressione e rapimento sotto qualche bandiera ed erano in possesso di una “patente”, cioè di una dichiarazione di qualche governo che li autorizzava a depredare, costituendo un aspetto delle rivalità e dei conflitti che interessavano le potenze e le comunità dell’epoca, aventi sbocco sul mare.
Furono grandi pirati, i Veneziani dei primi tempi e per buona parte del XIII secolo, anche gli abitanti romagnoli di Cervia. Gli intrepidi marinai di quella piccola città romagnola si dedicavano saltuariamente alla pirateria, assaltando navi mercantili della Serenissima.
Le acque e le coste romagnole divennero vittime di simili fenomeni soprattutto dal Quattrocento in poi. Tra i più pericolosi pirati ci furono gli Uscocchi delle isole dalmate e della località di Segna. Il veneziano Nicolò Dandolo li descrive in una relazione ufficiale alla fine del XVI secolo: “arroganti, superbi, ingordi, rapaci e ladroni scelleratissimi”. Oltre a questi , l’Adriatico era battuto dai temutissimi Turchi. Avevano le loro basi principali a Dolcigno e a Valona, in Albania e da li partivano per assalire i pescatori delle coste del versante occidentale del nostro mare, quelle romagnole comprese.
La tattica dei predoni del mare era sempre la medesima: basata sull’agguato, la sorpresa, la rapidità d’esecuzione e il terrore che paralizzava le vittime impedendo qualsiasi resistenza. I pescatori erano prede naturali, predisposti alla cattura, con i loro scafi lenti e spesso impediti dalle loro reti calate in acqua, che scorgevano l’arrivo dei pirati quando ormai era troppo tardi per mettere in salvo se stessi. Le persone dell’equipaggio catturate, finivano ad Algeri o a Tunisi ai mercati degli schiavi. Se la cattura avveniva vicino alla costa, allora i pirati alzavano la bandiera del riscatto e restavano a largo per alcuni giorni, in attesa che i parenti pagassero la somma richiesta per il riscatto dei propri familiari.
Non mancavano poi, da parte dei Turchi o dei Barbareschi, incursioni, anche nell’immediato entroterra. Capitava sovente che le loro imbarcazioni risalissero i corsi dei fiumi a forza dei remi e con le vele ammainate, approdando in qualche luogo nascosto per poi proseguire a piedi fino a quando non trovavano qualche casa isolata in cui irrompere. Se incontravano contadini, pastori, viandanti o residenti, li rapivano per portarli con sé e consegnarli alla schiavitù e al “mercato degli uomini”.
La costante minaccia costituita da corsari e pirati portò, in Età moderna, le nostre città rivierasche a dotarsi di sistemi di difesa e di guardia, con mura, fortini, torri di avvistamento e milizie deputate alla sorveglianza delle acque e delle coste.

La Rocca di Cattolica in via Pascoli, nel centro storico
Agli inizi del 400 l’abitato di Cattolica venne connotato dall’operatività di osterie e alberghi, al servizio dei viaggiatori e degli eserciti in transito che frequentavano il luogo per la sosta dopo una giornata di marcia.
Proprio in questo secolo si aggiunsero alle calamità che avevano impedito o frenato la crescita del centro, gli sbarchi sul litorale da parte dei corsari turchi. Particolarmente cruente si rivelano le incursione del 1486, quando vennero saccheggiate case e rapite persone. In risposta a questo drammatico problema, Pandolfo IV Malatesta, predispose prima il pattugliamento della spiaggia e nel 1490 ordinò la costruzione di una possente torre di avvistamento, finanziandola con il contributo dei castelli limitrofi. Intorno al 1575, i frequenti attacchi dei corsari e il dilagante fenomeno del banditismo nello Stato Pontificio, spinsero Papa Gregorio XIII ad ordinare nel 1583 i lavori di costruzione di una cinta bastionata, realizzata in terra e legname a protezione e difesa dell’abitato di Cattolica e di un recinto fortificato a forma di stella a difesa della Rocca. La Rocca è tutt’ora presente nel Centro storico di Cattolica, non è visitabile in quanto residenza privata, ma è possibile ammirarla dall’esterno.