La pesca a Cattolica dall’ inizio secolo al dopo guerra
La nostra storia e tutte le attività legate al mare e alla marineria
La pesca dalla riva della spiaggia in uso fin da epoche remote è oggi scomparsa per l’avvento del turismo di massa e per l’invenzione di nuove e più moderne e redditizie tecniche di pesca. La pesca dalla spiaggia veniva praticata con particolari tipi di rete: cogolli, tratta, nasse per la pesca delle seppie.
Alla fine della guerra si pescava con la pesca del santarello che in pratica è una specie di cogollo calato rovescio con le bande della rete sorrette da pali sistemate a forma di chiocciola. Il cefalo circondato da queste bande tentava di uscirne saltando e finiva impigliato nella rete.
La tecnica cambiava a seconda delle stagioni, per pescare con il cogollo era necessario il mare completamente calmo. La primavera era la stagione propizia, ma anche d’inverno con mare calmo si usava il cogollo per la cattura delle anguille. Per la sistemazione della rete erano necessari due pescatori a bordo di una lancetta, uno dei quali era impegnato a mantenere la barca in equilibrio affondando il remo nel terreno e l’altro impiantava o pali per stendere la rete.
Agli inizi del secolo scorso il lavoro scarseggiava e per sopravvivere occorreva “arrangiarsi” a trovare più occupazioni al giorno per poter guadagnarsi da vivere. Le attività legate alla marineria iniziavano in primavera con la preparazione delle nasse (gabbie di legno per catturare le seppie) e delle reti da posta per le seppie. Gabiccesi e cattolichini ricorrevano anche alla pesca del cugoll e del saltarèl, tipi di pesca con reti costiere praticate principalmente da tre-quattro persone. Un’altra pesca con rete costiera era la tratta (rete che veniva calata in mare a semicerchio e trascinata poi ai capi dalla riva). Il saltarèl andava abbassato quando c’era la bassa marea e alzato con l’alta marea. Quando la pesca era particolarmente abbondante, spesso accadeva che i pescatori dormissero sulla barca, poiché il pesce era troppo ammassato e non riusciva a da solo a saltare nella cavità della rete e i pescatori dovevano essere presenti per agevolare questa operazione di ingresso nella rete.
Molto comune era anche la pesca del calcinelli (piccole conchiglie bivalve) con un particolare attrezzo ì, il vallo o ferro da vongole. Nel dialetto cattolichino veniva chiamato smenacùl. Camminando all’indietro con il viso rivolto alla battigia e raschiando il fondale si raccoglievano vongole e telline.
Vallo, ferro da vongole
Nel porto si praticavano altri tipi di pesca: la pesca con la bilancia o lusèrna come la chiamano gli anziani pescatori romagnoli. La bilancia è formata da una pezza di rete unica di forma in genere quadrata portante agli angoli quattro asole che vengono fissate agli estremi di due aste metalliche incrociate. Nel punto di incrocio delle aste è fissato un cavo che consente di estrarre l’attrezzo dall’acqua. Questo cavo può essere fissato ad un palo, che viene alzato per issare la rete, oppure passare attraverso una carrucola, posta all’estremità del palo. In tal caso l’attrezzo viene salpato semplicemente ritirando la corda.
Un’altra attività legata alla marineria dell’epoca era la raccolta della sabbia rossa. La sabbia rossa veniva raccolta e accantonata sulla spiaggia, riparandola dal vento con dei grossi sassi. Il vento infatti minaccia di disperdere la sabbia raccolta e talvolta occorreva più si una settimana per fare un carico soddisfacente di sabbia raggruppata in diversi cumuli. Una volta raccolta in cumuli la sabbia veniva trasportata al deposito, dopo essere stata caricata su un carro trainato da buoi. Successivamente dal deposito
Veniva poi trasportata alla stazione ferroviaria per essere caricata sul vagone merci. Questa sabbia rossa serviva per fare le mole d’affilatura per gli utensili da taglio e per levigare i vetri.
Un’altra attività tipica era la raccolta dei ciottoli trovati ai piedi del monte di Gabicce. Si cercava di selezionare i ciottoli e le pietre più idonee a poter essere utilizzate per il selciato delle strade. Una volta raccolte le pietre venivano spezzate con una mazza, poi venivano squadrate e perfezionate con un martelletto. I sassi così lavorati, in primavera e in estate venivano caricati sulle barche per essere trasportati al porto di Cattolica. Un caratteristico tipo di ghiaia prelevato sottomonte era il pilo, era fine e ed era utilizzato per farne bitume, mentre la sabbia più grossa veniva utilizzata per il fondale stradale unitamente ai gusci delle vongole. Le persone addette a questa raccolta di pietre e sabbia erano conosciuti come sassaioli. Gettavano l’ancora in prossimità della battigia, poi tra la spiaggia e la barca posizionavano una passerella sorretta da un cavalletto e con una sorta di barella caricavano i sassi presenti a riva. Li raccoglievano anche sott’acqua in apnea, tirandoli a bordo con un rudimentale argano, simile a quello utilizzato dai pescatori di ostriche. Questi sassi, come la sabbia erano importanti materie prime per l’edilizia della riviera. Molte costruzioni ancora oggi presenti a Cattolica sono state edificate con questi materiali.