Storia della riviera romagnola
I pionieri del turismo balneare
Solo rari coltivatori di ortaggi e pastori affiancavano i membri delle marinerie nella frequentazione della costa, anche perché su di essa incombeva il pericolo delle incursioni di pirati e corsari. Ancora più rari erano coloro che andavano qualche volta al mare, per viverlo nel mondo in cui lo intendiamo oggi, cioè come svago.
A quel punto le spiagge romagnole erano interessate nella bella stagione (da giugno a settembre) dalle scorrerie dei pirati, che provenienti dall’altra parte dell’Adriatico, vi approdavano velocemente per saccheggiare case e derubare persone e bestie che si trovassero sull’arenile. A salvaguardia degli abitanti della costa era stato predisposto da tempo un complesso sistema di torri d’avvistamento che andava dalle foci del fiume Tavollo fino alle foci del fiume Po. Le sentinelle che vi dimoravano dovevano avvertire con spari, fumi e suoni quanti indugiavano sulla riva dell’imminente arrivo di qualche veliero della pirateria turca o albanese, la cui vela minacciosa si fosse stagliata all’orizzonte. In quell’avvenimento era opportuno lasciar perdere tutto e correre a rifugiarsi nei borghi fortificati.
In queste condizioni è ovvio che la spiaggia non risultasse molto frequentata, meno che mai per lo svago. Per tutte queste ragioni, l’aspetto fisico delle spiagge romagnoli risultava a quel tempo quanto di più lontano possibile dall’immagine che oggi ci è consueta. Queste erano infatti un paesaggio spoglio, selvaggio, sconvolto da dune di sabbia e acquitrini palustri, intersecato da arbusti e canneti, frequentato di rado da pochi animali e persone. Al largo nel mare era sempre incombente, la minaccia delle vele di “mamma li Turchi”.
Non c’era quindi molta propensione per le spiagge e i litorali, scarsamente abitati, esposti ai pericoli del mare e dal mare, luoghi da cui guardarsi e difendersi.
Ad un certo punto la situazione prende a mutare: le azioni e le campagne contro la pirateria si fanno più efficaci, per mano degli stati europei e anche degli Stati Uniti d’America, che avevano allestita una loro marina militare e la impegnarono in due “guerre barbaresche” nel 1801-1805 e nel 1815. Nel 1830 poi la Francia diede il via alla colonizzazione dell’Algeria: da quel momento, sparita la maggiore piazzaforte dei corsari barbareschi, essi non costituirono più una minaccia. L’incubo delle incursioni sulle spiagge italiane era finito e con questo anche il più che motivato “tabù” della frequentazione del litorale.
Bastò che la minaccia turchesca s’allentasse, che la spiaggia fino ad allora silente, prendesse cautamente ad animarsi di nuovi comportamenti, prima di tutto quello delle abluzioni marine. Nella sua riscoperta del corpo, la nuova sensibilità illuministica aveva preso ad esaltare le proprietà terapeutiche dell’acqua fredda. Cadevano le precedenti interdizioni e le “bagnature” erano promosse ad efficace rimedio salutistico, nonché ottima tecnica igienica.
Contribuisce certamente a questo cambiamento di ottica, a questa rivalutazione e ritrovata fiducia nel mare, tra il 1830 e il 1890, che nelle coste romagnole teorizza e magnifica l’effetto salutare dell’acqua del mare e dell’aria e del sole dei litorali. La spiaggia comincia a diventare luogo invitante e palcoscenico di qualche manifestazione di massa e di altolocati pic-nic, però, all’inizio questa frequentazione rimane sporadica ed elitaria. Piano piano però il numero di coloro che raggiungono l’arenile per fare il bagno, svago o pratica igienico-salutistica aumenta, così nascono le prime strutture apposite a questo scopo, per mano dei pionieri di quello che sarà poi il turismo balneare.
E’ nel 1843 che a Rimini viene inaugurato il primo stabilimento balneare dell’Adriatico: sei camerini su una piattaforma di legno sul mare. Nel 1865, a Cesenatico vengono eretti i primi capanni sulla spiaggia da parte di un imprenditore privato. Nel 1870 a Cattolica la giunta municipale chiede la concessione di 300 mq di spiaggia da destinare ad uso balneare.
Nel frattempo giunti all’Unità d’Italia e alla cessazione dei conflitti e le migliori condizioni politiche e sociali, il periodo diventa propizio per gli spostamenti e gli svaghi di massa, favoriti pure dall’ampliamento della ferrovia. E’ probabile solo in questo periodo, cioè nella seconda metà dell’Ottocento, forse proprio negli ultimi due decenni, che comincia a nascere l’usanza, da parte della popolazione rurale dell’entroterra romagnolo e poi da tutta la penisola Italia e anche da tutta Europa di raggiungere le spiagge romagnole per trascorrere le vacanze estive.